
18 Mag «Pace a voi»: il dono divino nelle difficoltà
La situazione di emergenza e di crisi che stiamo vivendo in questo periodo si presenta nella forma di una pandemia che incombe su tutti. Si rende, dunque, temporaneamente necessario distanziarsi fisicamente gli uni dagli altri ed evitare qualsiasi tipo di contatto, compresi quelli nei luoghi di culto. Ma quali sono le conseguenze del distanziamento sociale nella vita cristiana, che fa dell’incontro con l’altro un fondamento imprescindibile? Che insegnamento possiamo trarre dalla Bibbia in questo tempo di sospensione e privazione?
La situazione inedita che stiamo vivendo ha reso necessario varare delle prescrizioni preventive e cautelative, che, se da un lato mirano a contrastare la diffusione del virus, dall’altro azzerano la dimensione sociale di ogni individuo. Queste, infatti, si muovono tutte in senso contrario al bisogno umano di incontro, vicinanza e prossimità, in quanto hanno sottoposto la vita di ognuno a precise limitazioni e proibizioni. Ci viene chiesto, tra le tante cose, di mantenere il cosiddetto distanziamento sociale, che non è solo da intendere come un atto pratico e funzionale: ci offre, piuttosto, degli interessanti spunti di riflessione di natura spirituale.
La vita cristiana non è esentata dalle conseguenze di quanto stiamo vivendo: anch’essa, infatti, vive di contatto ed incontro ed è scandita da momenti di condivisione e agape. Siamo, dunque, costretti a privarci di tutto questo per un certo periodo di tempo, accantonando temporaneamente l’invito di Davide a coltivare l’amore fraterno: «Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che i fratelli vivano insieme!» (Sal 133: 1). Eppure, la crisi che sta attraversando le nostre vite non deve essere vissuta come un tempo di privazione, bensì come un’occasione in cui impariamo a riempire il silenzio che ci circonda riflettendo e meditando su Gesù e la Sua pace.
In Gv 20: 19-23, ad esempio, si assiste alla promessa di pace all’umanità che trova il suo compimento nella Persona di Gesù. Il passo biblico in questione si inserisce in un contesto tripartito, di cui esso costituisce la prima sezione: ‘Gesù appare ai discepoli; Tommaso non è con loro’ (Gv 20: 19-23), ‘Gesù appare ai discepoli, tra i quali vi è Tommaso’ (Gv 20: 24-29), ‘Lo scopo del Vangelo secondo Giovanni’ (Gv 20: 30-31). Seppur siano molteplici i temi da estrarre dal secondo episodio del cap. 20 del Vangelo di Giovanni (la risurrezione di Gesù, il mandato missionario impartito ai discepoli, l’opposizione tra fede cristiana e l’incredulità di Tommaso, il dono dello Spirito Santo ecc.), in Gv 20: 19-23 centrale è il tema della pace divina, acquistata da Gesù sul Golgota con il Suo sangue.
La vicenda si svolge il giorno stesso della risurrezione di Gesù. Dopo l’arresto di Gesù e la loro fuga dal giardino del Getsemani (Lc 22: 39-62), i discepoli si erano nascosti dietro alle porte di un luogo imprecisato, isolandosi dal resto della società, non solo perché addolorati dalla perdita del loro Maestro, ma soprattutto «per timore dei Giudei» (Gv 20:19). La loro paura era reale perché temevano di essere riconosciuti ed essere messi a morte dai Giudei (Iousdaiosprotophobia = timore dei capi ebrei), essendo ancora infervorati contro i partigiani del Nazareno. I discepoli erano invasi dall’incertezza e dal pericolo, attanagliati dalla paura e dallo sconforto, in lutto per la perdita di un proprio caro ed isolati dal mondo esterno: non è, questa, una realtà che suona famigliare? Non è, forse, simile alla condizione di lockdown che stiamo vivendo in questi giorni?
Segue, quindi, la silenziosa apparizione di Gesù nella stanza dei discepoli, che varca le porte che erano state accuratamente chiuse, come se ci passasse attraverso. (Questo particolare, tra l’altro, dimostra che il Risorto ha assunto una duplice natura, materiale e spirituale, e non è più soggetto alle leggi naturali.) Gesù trova i discepoli in uno stato di ansia, paura e preoccupazione e dice loro «Pace a voi» (Gv 20: 19, 21) per due volte.
Se c’è una differenza tra la situazione attuale e quella dei discepoli è che questi ultimi erano spaventati da una minaccia tangibile, mentre noi dobbiamo guardarci da un nemico invisibile ed insidioso. Tuttavia, oggi come allora, Gesù vuole raggiungere ognuno di noi nella nostra solitudine, nelle nostre case, nelle nostre chiese per darci il dono della pace. E allora non ci resta che interrogarci sul perché abbiamo bisogno della pace di Gesù e su quale sia la sua utilità nella vita di ognuno di noi. In altre parole: può la Sua pace eliminare la paura del contagio? No, e questo è il motivo per cui prendiamo seriamente in considerazione le misure cautelari ed il social distancing. E, ancora: può la Sua pace togliere il dolore per la perdita di un proprio caro? Nemmeno, perché il lutto è un processo che richiede un’elaborazione i cui tempi variano da persona a persona. Allora, perché Gesù dice ai suoi discepoli «Pace a voi»?
Già nel Suo discorso di addio pronunciato nel corso dell’Ultima Cena, Gesù disse ai discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il mondo. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti» (Gv 14: 27). Il termine ‘pace’ è di per sé equivoco e per questo motivo Gesù distingue la pace divina da quella del mondo. Quest’ultima è un mero stato di tranquillità e quiete auto-fabbricato dall’individuo ed è temporanea ed effimera perché è conquistata da sé grazie al raggiungimento di obiettivi personali. La pace di Gesù, invece, non è una stoica negazione della vita, bensì permette di accoglierla in tutte le sue sfaccettature, piacevoli e spiacevoli, giuste ed ingiuste. In altre parole: è una pace reale, radicata nella certezza che, nonostante gli ostacoli e le prove, riusciremo a percorrere il nostro cammino, affiancati e consolati nelle difficoltà.
Con le parole «Pace a voi», Gesù intendeva espellere il timore nei discepoli che i loro nemici potessero irrompere per trascinarli alla morte, alleviare il dispiacere che li affliggeva per la Sua dipartenza e rassicurarli di essere stati perdonati e riconciliati con Dio. Queste parole, tuttavia, hanno un significato più profondo e completo perché si riferiscono al dono di pace che Gesù vuole offrire a coloro che accettano di camminare nella Sua volontà e a chi decide di guardare sempre a Lui, nonostante le afflizioni e le sofferenze. Ciò che stiamo vivendo è temporaneo, ma la Sua pace è duratura: che questa emergenza possa insegnarci a cogliere quest’opportunità per un nuovo inizio, riposando nella verità che Lui è pienamente in controllo.
Anonimo
Postato alle 20:52h, 18 MaggioAmen